lunedì 27 maggio 2013

Il fidanzato di Fabiana: "Era ancora viva quando le ho dato fuoco".

"Era ancora viva quando le ho dato fuoco". Aggiunge orrore ad orrore il racconto fatto davanti al magistrato dal diciassettenne fermato per l'omicidio della fidanzatina sedicenne, Fabiana Luzzi, ferita a coltellate e poi finita col fuoco, a Corigliano
Calabro, grosso centro lungo la fascia ionica cosentina.

Un racconto fatto di parole fredde, trapela dal riserbo delle indagini, quasi che il protagonista in negativo della vicenda fosse qualcun altro, senza palesare il minimo pentimento o senso di rimorso. Solo in rari momenti il ragazzo, studente all'istituto industriale e che nella prossima estate festeggera' i 18 anni, si e' interrotto mostrando un minimo di emozione.

Ma quello che sembrava interessarlo di piu', nel corso del drammatico interrogatorio cui e' stato sottoposto per gran parte della notte, era quella di andare a dormire. "Sono stanco - ha detto piu' volte - voglio andare a letto". I carabinieri lo hanno tenuto per ore sotto torchio, da ben prima che, in nottata, scattasse il fermo per omicidio volontario. Da quando cioe', gli investigatori si erano resi conto che la vicenda della scomparsa di Fabiana e quella delle strane ustioni sul volto e sul dorso delle mani del diciassettenne si sovrapponevano.

Gia' da venerdi' pomeriggio, i militari della Compagnia di Corigliano guidati dal capitano Pietro Paolo Rubbo stavano cercando di chiarire il perche' della scomparsa della sedicenne, uscita dall'istituto per ragionieri che frequentava e mai arrivata a casa. Nelle ore immediatamente successive alcune amiche della giovane avevano parlato di quel ragazzo andato a prenderla col motorino all'uscita della scuola. E, quando quello
stesso giovane i carabinieri se lo sono ritrovato in ospedale con ustioni al volto ed alle mani, sono iniziati i primi sospetti.

Le domande sono proseguite per tutta la giornata di sabato, sempre piu' incalzanti. All'inizio il diciassettenne, incensurato anche se qualcuno tra le forze dell'ordine lo aveva notato per certi suoi atteggiamenti, ha provato a sviare i sospetti, sempre piu' forti, su di lui. Ha detto di essere stato aggredito da due ragazzi che lo volevano punire, a suo dire, per alcuni suoi comportamenti, ed ha fatto anche alcuni nomi. Per
non tralasciare nulla, gli investigatori hanno sentito i due ragazzi, risultati pero' totalmente estranei.

Nel tardo pomeriggio di sabato, poi, le prime ammissioni e le indicazioni per il ritrovamento del corpo, abbandonato in una stradina interpoderale, isolata e completamente al buio in una zona scarsamente abitata. E' li, tra la polvere di un viottolo ed un muro di roccia, che Fabiana ha trovato la morte. Nel modo piu' atroce e per mano di colui che diceva di amarla. A Corigliano sono arrivati anche il comandante provinciale dei carabinieri, Francesco Ferace, e quello del Reparto operativo, Vincenzo Franzese.

In nottata, infine, la confessione: "abbiamo litigato, lei ha cercato di aggredirmi ed io l'ho colpita piu' volte con un coltello pieghevole. Poi sono andato a casa, sono riuscito, mi sono procurato una tanica di benzina e sono tornato a darle fuoco quando era ancora viva". Una ricostruzione che, nei fatti, coincide con gli elementi raccolti dai carabinieri (ancora alla ricerca del coltello, che non si trova), se non per
quel "mi ha aggredito" che sa di estremo tentativo di autodifesa.

Venuto drammaticamente meno quando e' emerso il particolare agghiacciante delle fiamme appiccate ad un corpo ancora vivo. All'origine della lite un rapporto contrastato fatto di alti e bassi e, ha detto lui, di gelosie reciproche. Adesso il ragazzo e' rinchiuso nel carcere minorile di Catanzaro. Chissa' se e' riuscito a dormire. O se, nonostante il sonno, i fantasmi di cio' che ha fatto lo hanno tenuto sveglio anche oggi.

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