"Era ancora viva quando le ho dato fuoco". Aggiunge orrore ad orrore il racconto
fatto davanti al magistrato dal diciassettenne fermato per l'omicidio della
fidanzatina sedicenne, Fabiana Luzzi, ferita a coltellate e poi finita col
fuoco, a Corigliano
Calabro, grosso centro lungo la fascia ionica
cosentina.
Un racconto fatto di parole fredde, trapela dal riserbo delle
indagini, quasi che il protagonista in negativo della vicenda fosse qualcun
altro, senza palesare il minimo pentimento o senso di rimorso. Solo in rari
momenti il ragazzo, studente all'istituto industriale e che nella prossima
estate festeggera' i 18 anni, si e' interrotto mostrando un minimo di
emozione.
Ma quello che sembrava interessarlo di piu', nel corso del
drammatico interrogatorio cui e' stato sottoposto per gran parte della notte,
era quella di andare a dormire. "Sono stanco - ha detto piu' volte - voglio
andare a letto". I carabinieri lo hanno tenuto per ore sotto torchio, da ben
prima che, in nottata, scattasse il fermo per omicidio volontario. Da quando
cioe', gli investigatori si erano resi conto che la vicenda della scomparsa di
Fabiana e quella delle strane ustioni sul volto e sul dorso delle mani del
diciassettenne si sovrapponevano.
Gia' da venerdi' pomeriggio, i militari
della Compagnia di Corigliano guidati dal capitano Pietro Paolo Rubbo stavano
cercando di chiarire il perche' della scomparsa della sedicenne, uscita
dall'istituto per ragionieri che frequentava e mai arrivata a casa. Nelle ore
immediatamente successive alcune amiche della giovane avevano parlato di quel
ragazzo andato a prenderla col motorino all'uscita della scuola. E, quando
quello
stesso giovane i carabinieri se lo sono ritrovato in ospedale con
ustioni al volto ed alle mani, sono iniziati i primi sospetti.
Le domande
sono proseguite per tutta la giornata di sabato, sempre piu' incalzanti.
All'inizio il diciassettenne, incensurato anche se qualcuno tra le forze
dell'ordine lo aveva notato per certi suoi atteggiamenti, ha provato a sviare i
sospetti, sempre piu' forti, su di lui. Ha detto di essere stato aggredito da
due ragazzi che lo volevano punire, a suo dire, per alcuni suoi comportamenti,
ed ha fatto anche alcuni nomi. Per
non tralasciare nulla, gli investigatori
hanno sentito i due ragazzi, risultati pero' totalmente estranei.
Nel
tardo pomeriggio di sabato, poi, le prime ammissioni e le indicazioni per il
ritrovamento del corpo, abbandonato in una stradina interpoderale, isolata e
completamente al buio in una zona scarsamente abitata. E' li, tra la polvere di
un viottolo ed un muro di roccia, che Fabiana ha trovato la morte. Nel modo piu'
atroce e per mano di colui che diceva di amarla. A Corigliano sono arrivati
anche il comandante provinciale dei carabinieri, Francesco Ferace, e quello del
Reparto operativo, Vincenzo Franzese.
In nottata, infine, la confessione:
"abbiamo litigato, lei ha cercato di aggredirmi ed io l'ho colpita piu' volte
con un coltello pieghevole. Poi sono andato a casa, sono riuscito, mi sono
procurato una tanica di benzina e sono tornato a darle fuoco quando era ancora
viva". Una ricostruzione che, nei fatti, coincide con gli elementi raccolti dai
carabinieri (ancora alla ricerca del coltello, che non si trova), se non
per
quel "mi ha aggredito" che sa di estremo tentativo di
autodifesa.
Venuto drammaticamente meno quando e' emerso il particolare
agghiacciante delle fiamme appiccate ad un corpo ancora vivo. All'origine della
lite un rapporto contrastato fatto di alti e bassi e, ha detto lui, di gelosie
reciproche. Adesso il ragazzo e' rinchiuso nel carcere minorile di Catanzaro.
Chissa' se e' riuscito a dormire. O se, nonostante il sonno, i fantasmi di cio'
che ha fatto lo hanno tenuto sveglio anche oggi.
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